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Pasqua 2024

Programma Settimana Santa

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Solenni Quarantore

Dal 20 al 23 Marzo

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Anniversario Padre Giorgio

Solenne celebrazione eucaristica del 25º anniversario di ordinazione sacerdotale di Padre Giorgio Tassone. Presieduta da Sua Eminenza il Cardinale Mauro Gambetti OFMCONV vicario generale di sua Santità il Papa Francesco per la Città del Vaticano e concelebrata dal nostro vescovo di Oppido Mamertina- Palmi Sua Ecc.za Mons. Giuseppe Alberti e da numerosi confratelli sacerdoti.

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Vangelo del Giorno

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Il Figlio dell'uomo verrà

Dal vangelo secondo Luca (17,26-37)

Il fatto che la parusia verrà improvvisamente è illustrato con due esempi: Noè e Lot. L'insegnamento è questo: la nostra attenzione non deve cadere su Noè e su Lot come tipi dei credenti, ma piuttosto sui loro contemporanei che vivevano da peccatori, gente dimentica di Dio e solo preoccupata dei beni terreni, e come tali furono sorpresi dal castigo di Dio. È la loro indifferenza alle ultime cose, la loro cecità spirituale, la loro incapacità a cogliere la gravità della situazione che attira l'attenzione di Gesù, dell'evangelista e la nostra. Siamo dunque invitati a vivere sempre in clima di avvento.
Mangiavano, bevevano, si sposavano, costruivano e piantavano, come se vi dovessero dimorare per sempre: eppure tutto è fragile, tutto scricchiola, tutto ha un carattere provvisorio. Il compito più importante è la costruzione dell'arca spirituale della salvezza, cioè della Chiesa di Dio; soltanto in quella si può scampare dalla catastrofe finale.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
O mio Dio, che la moltitudine delle preoccupazioni non mi sommerga in quella ganga inutile, che rende il cuore sordo. Che io ti aspetti, trafitto dal desiderio, dando tutta la mia vita, non in modo parziale, ma ardente e totale. Allora ciò che costituisce l'essenziale brillerà come oro passato al setaccio.

Noè e Lot

Indifferenza: incapacità di lodare e di ringraziare

Dal vangelo secondo Luca (17,11-19)

Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?

Il male che uccide la lode e la gratitudine è l'indifferenza. Questa malattia è la vera lebbra dell'anima: non si nega l'esistenza di Dio, ma si vive facendo a meno di Dio. L'uomo contemporaneo non nega Dio; pur ammettendo di conoscerlo, non lo riconosce. Difatti, l'uomo contemporaneo:
• conosce Dio ma non lo "riconosce" nel creato: le manipolazioni di vario genere, gli inquinamenti, gli sprechi delle energie…;
• conosce Dio ma non lo "riconosce" nell'altro: aborto, eutanasia, divorzio, manipolazioni genetiche;
• conosce Dio ma non lo "riconosce" in se stesso: è questa la forma di indifferenza più grave, da cui dipendono le altre due.
Quando la creatura chiude le labbra alla preghiera di lode e di ringraziamento finisce per smarrire la stessa verità, si perde in vani ragionamenti, ritenuti per di più sapienti; soprattutto "cade in balìa" (Paolo lo ripete tre volte) delle sue stupidità e giunge ad aberrazioni di ogni genere. Notiamo bene! Non vi è bisogno che Dio castighi l'uomo; è sufficiente che lo lasci in balìa di se stesso.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Tu hai guarito, Signore, dieci lebbrosi, e uno solo ti ha reso grazie. Tu mi hai colmato di benefici dieci volte e quante volte mi sono riconciliato con te e con la tua Chiesa «andando a presentarmi ai sacerdoti?. Tu non ritiri i tuoi benefici e non ti penti mai di avere concesso i tuoi doni; così non punisci l'ingratitudine.

Nonostante ciò, noi dobbiamo far fruttare i tuoi doni e vederli moltiplicare. La nostra libertà è così grande che non possiamo spegnere il fuoco del tuo amore, ma possiamo impedire che si propaghi.

Gesù ed i 10 lebbrosi

Tutto è grazia

Dal vangelo secondo Luca (17,7-10)

"Tutto è grazia", diceva un personaggio di Bernanos, per chi, come la Madonna, avverte profondamente che è Dio che "ha posato lo sguardo sulla sua piccolissima serva" (Lc 1,48).
L'umiltà è questo sguardo penetrante nella santità di Dio, questo essere affascinati dal suo Volto fino a ritenersi "poveri servi" (akréios in greco non significa "inutile" ma "miserabile", che non può vantare alcun diritto). Compito del servo è solo questo: fare quanto gli viene comandato. Gesù si riteneva tale nei confronti del Padre: Lui, il Figlio, "fa solo quello che il Padre gli ha comandato di fare" da quando "ha assunto forma di schiavo" (cf Gv 5,30; Fil 2,7).
È la fede che provoca in noi il senso della perfezione di Dio, il senso, come diceva Kierkegaard, "dell'esigenza infinita". Essa ci scopre un compito illimitato, ci aiuta a prendere coscienza della nostra impossibilità di portarlo a termine e - per colmo - la fede umile ci fa provare la gioia di questa inadeguatezza fino a pregare con San Francesco: Mio Dio, e mio Tutto! Io sono nulla. La gioia del cristiano è di scoprire che la potenza di Dio si rivela nella sua debolezza.
La gioia di essere servitore
Per Paolo la ricompensa più alta è annunciare gratuitamente il Vangelo (1Cor 9,18). L'apostolo è associato al ministero di grazia e di misericordia del suo Signore per il mondo. Origine del suo servizio è la fede, come esperienza personale di colui che lo ha amato e ha dato se stesso per lui (Gal 2,20). Per questo, a differenza del fratello maggiore, non è più nella logica del dare/avere, ma in quella del dono gratuito. L'amore sperimentato lo rende libero di servire come il suo Signore.

LA PAROLA PER ME OGGI
Non si può servire e amare gli altri solo per un periodo. Il servire è un'opera che bisogna vivere nella perseveranza. Se ancora non serviamo in questo modo, chiediamo al Signore la forza per farlo.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Signore Dio, insegnaci a vivere di fede. Fa' crescere il seme che hai deposto in noi il giorno del nostro battesimo, perché lavoriamo con tutto l'impegno, senza aspettare altra ricompensa che la gioia di poter essere al servizio di Gesù Cristo, tuo figlio e nostro Signore.

Preghiera

Hanno amato i poveri

Dal vangelo secondo Luca (16,1-8)

Padre Giuseppe Cavagna, missionario in Bangladesh, ha confidato: «Sono cinquantadue anni che sono qui. Mi sembra ieri. Oh! Se potessi ridiventare giovane e ricominciare da capo! Tutta la mia vita missionaria l'ho passata tra i più poveri e di ciò sono tanto contento e lo considero un privilegio del Signore». Albert Schweitzer, a trent'anni, al vertice di una carriera brillantissima, lascia tutto e va in Africa per consacrarsi ai più abbandonati. Egli ha detto: «Se tu hai qualcosa e non la trasformi in dono, presto ti deluderà». E a Oslo nel 1952 quando gli consegnarono il Nobel per la pace, esclamò: «Il benessere non ha creato il super-uomo, ma il pover'uomo». Madre Teresa è arrivata a dire: «La persona più importante del mondo è il povero. Il povero è un dono di Dio per la gioia della nostra vita».

LA PAROLA PER ME OGGI
L'uso accorto delle ricchezze non sta nell'accrescerle più che si può; sta nel dare piuttosto che nel ricevere, nell'aiutare piuttosto che nel farsi aiutare.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Gesù, ricordaci sempre che tu sei andato incontro agli ultimi e insegnaci ad amare anche noi coloro che per il mondo non contano.

Amministratore delle ricchezze

Commemorazione dei fedeli defunti

A faccia a faccia con Cristo
La morte del cristiano non è un momento al termine del suo cammino terreno, un punto avulso dal resto detta vita. La vita terrena è preparazione a quella celeste, stiamo in essa come bambini nel seno materno: la nostra vita terrena è un periodo di formazione, di lotte, di prime scelte. Con la morte l’uomo si trova di fronte a tutto ciò che costituisce l’oggetto delle sue aspirazioni più profonde: si troverà di fronte a Cristo e sarà la scelta definitiva, costruita con tutte le scelte parziali di questa vita.
Cristo ci attende con le braccia aperte: l’uomo che sceglie di porsi contro Cristo, sarà tormentato in eterno dal ricordo di quello stesso amore che ha rifiutato. L’uomo che si decide per Cristo troverà in quell’amore la gioia piena e definitiva.

Commemorazione defunti

Solennità di tutti i Santi

LA PAROLA PER ME OGGI
Anche i grandi santi sono stati "piccoli uomini". La mia vita, i miei giorni, sono gravidi di luce, di Risurrezione. Leggere qualche episodio dei santi potrebbe farmi capire che anch'io posso farcela!

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Signore, che io ti possa amare con tutte le mie forze, con tutta la mia vita. Metti nel mio cuore il desiderio ardente di santità.

Tutti i Santi

Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro

Dal vangelo secondo Luca (12,39-48)

Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi...

SPUNTI DI RIFLESSIONE
La nostra esistenza non sia ipnotizzata dal terrore, né si dissolva nello stordimento. Alla sobrietà lucida e attenta bisogna aggiungere la vigilanza e la preghiera. Il credente veglia nella notte del mondo. La paura non gli chiude gli occhi. In queste tenebre viene colui che l'uomo terrestre teme come un ladro e l'uomo spirituale desidera come lo sposo. La vigilanza è nutrita da una supplica costante, per non cadere nella tentazione finale di perdere la fede nella fedeltà del Signore. Tutto passerà, ma la sua Parola resta in eterno. Cerchiamo quindi di vivere giudiziosamente il tempo che ci è dato. Il giudizio futuro è operato qui e ora da noi, secondo il metro che usiamo per misurare gli altri.

LA PAROLA PER ME OGGI
Il cristiano non è come uno struzzo che sogna un mondo migliore. è come la civetta: il suo sguardo penetra l'ombra della notte. Sta quindi attento a ciò che avviene dentro e fuori. Nessun momento è neutro: è l'opportunità in cui si gioca la fedeltà e la testimonianza.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
Conserva la luce ai nostri occhi, Signore, perché non si appesantiscano abbagliati da luci fatue. Rendici attenti e vigili perché quando Tu verrai i nostri occhi si spalanchino nello stupore che supera ogni attesa e la nostra voce, impastata di preghiera, non sia che un grido di gioia senza più domande.

Il ritorno del Padrone

Capitolo V - La lettura dei libri di devozione

Nei libri di devozione si deve ricercare la verita`, non la bellezza della forma. Essi vanno letti nello spirito con cui furono scritti; in essi va ricercata l’utilita` spirituale, piuttosto che l’eleganza della parola. Percio` dobbiamo leggere anche opere semplici, ma devote, con lo stesso desiderio con cui leggiamo opere dotte e profonde. Non lasciarti colpire dal nome dello scrittore, di minore o maggiore risonanza; quel che ci deve indurre alla lettura deve essere il puro amore della verita`. Non cercar di sapere chi ha detto una cosa, ma bada a cio` che e` stato detto. Infatti gli uomini passano, «invece la verita` del Signore resta per sempre» (Sal 116,2); e Dio ci parla in varie maniere, «senza tener conto delle persone» (1Pt 1,17). Spesso, quando leggiamo le Scritture, ci e` di ostacolo la nostra smania di indagare, perche´ vogliamo approfondire e discutere la` dove non ci sarebbe che da andare avanti in semplicita` di spirito. Se vuoi trarre profitto, leggi con animo umile e semplice, con fede. E non aspirare mai alla fama di studioso. Ama interrogare e ascoltare in silenzio la parola dei santi. E non essere indifferente alle parole dei superiori: esse non vengono pronunciate senza ragione.

Capitolo IV - La ponderatezza nell’agire

Non dobbiamo credere a tutto cio` che sentiamo dire; non dobbiamo affidarci a ogni nostro impulso. Al contrario, ogni cosa deve essere valutata alla stregua del volere di Dio, con attenzione e con grandezza d’animo. Purtroppo, degli altri spesso pensiamo e parliamo piu` facilmente male che bene: tale e` la nostra miseria. Quelli che vogliono essere perfetti non credono scioccamente all’ultimo che parla, giacche´ conoscono la debolezza umana, portata alla malevolenza e troppo facile a blaterare. Grande saggezza, non essere precipitosi nell’agire e, d’altra parte, non restare ostinatamente alle nostre prime impressioni. Grande saggezza, percio`, non andare dietro a ogni discorso della gente e non spargere subito all’orecchio di altri quanto abbiamo udito e creduto. Devi preferire di farti guidare da uno migliore di te, piuttosto che andare dietro alle tue fantasticherie; prima di agire, devi consigliarti con persona saggia e di retta coscienza. Giacche´ e` la vita virtuosa che rende l’uomo saggio della saggezza di Dio, e buon giudice in molti problemi. Quanto piu` uno sara` inutilmente umile e soggetto a Dio, tanto piu` sara` saggio, e pacato in ogni cosa.

Capitolo II - L’umile coscienza di se'

1. L’uomo, per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il Signore e` piu` apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e dimentico di cio` che egli e` veramente, vada studiando i movimenti del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in se stesso e non cerca l’approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il quale mi giudichera` per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l’amore? Datti pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all’anima. Ed e` tutt’altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi non appagano l’anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una coscienza pura da` grande fiducia in Dio. Quanto piu` grande e profonda e` la tua scienza, tanto piu` severamente sarai giudicato, proprio partendo da essa; a meno che ancor piu` grande non sia stata la santita` della tua vita.
2. Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti e` dato. Anche se ti pare di sapere molte cose; anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di piu` le cose che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta piuttosto la tua ignoranza. Perche´ vuoi porti avanti ad altri, mentre se ne trovano molti piu` dotti di te, e piu` esperti nei testi sacri? Se vuoi imparare e conoscere qualcosa, in modo spiritualmente utile, cerca di essere ignorato e di essere considerato un nulla. E` questo l’insegnamento piu` profondo e piu` utile, conoscersi veramente e disprezzarsi. Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande sapienza e perfezione.
3. Anche se tu vedessi un altro cadere manifestamente in peccato, o commettere alcunche´ di grave, pur tuttavia non dovresti crederti migliore di lui; infatti non sai per quanto tempo tu possa persistere nel bene. Tutti siamo fragili; ma tu non devi ritenere nessuno piu` fragile di te.

Capitolo I - L’imitazione di Cristo e il disprezzo di tutte le vanita` del mondo

«Chi segue me non cammina nelle tenebre» (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecita` interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesu` Cristo. Gia` l’insegnamento di Cristo e` eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso deside- rio del Vangelo dall’averlo anche piu` volte ascoltato, perche´ e` priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinita`, se non sei umile, e percio` alla Trinita` tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l’uomo; ma e` la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla de- finire. Senza l’amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tut- ta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? «Vanita` delle vanita`, tutto e` vanita`» (Qo 1,2), fuorche´ amare Dio e servire lui solo. Questa e` la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando que- sto mondo.2. Vanita` e` dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanita` e` pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanita` e` seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanita` e` aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanita` e` occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d’ora al futuro. Vanita` e` amare cio` che passa con tutta rapidita` e non affrettarsi la`, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel proverbio: «Non si sazia l’occhio di guardare, ne´ mai l’orecchio e` sazio di udire» (Qo 1,8). Fa’, dunque, che il tuo cuore sia distolto dall’amore delle cose visibili di quaggiu` e che tu sia por- tato verso le cose di lassu`, che non vediamo. Giacche´ chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.

Pantocrator

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