Dal vangelo secondo Luca (10,21-24)
SPUNTI DI RIFLESSIONE
Gesù benedice, ringrazia il Padre perché ha svelato "queste cose" nascoste ai sapienti, ai piccoli, agli "infanti". La parola indica i bambini non ancora in grado di parlare. In Israele la conoscenza della Parola è via alla salvezza e la sua ignoranza è peccato. Ora la Parola eterna di Dio è il Figlio, uguale al Padre che dice "Abbà", il primo suono che i bambini balbettano con insistenza. Per questo a loro è riservata la Parola che salva.
Come bambini
Il bimbo è nulla da sé. La sua vita è bisogno, e lui stesso è ciò che gli altri ne fanno. Rappresenta la verità dell'uomo come creatura: egli non si appartiene, è costitutivamente "figlio di". Il suo limite naturale è il suo bisogno del padre, in cui incontra colui da cui e per cui è. Il bimbo è uno che riceve. Gesù dice che bisogna "diventare" bambini per entrare nel Regno. Dobbiamo diventare ciò che siamo e che abbiamo dimenticato di essere: "Signore tu sei nostro padre: noi siamo argilla dalle tue mani" (Is 64,7). Il piccolo dicendo Abbà esprime la propria verità davanti a Dio e la verità di Dio nei suoi confronti.
LA PAROLA PER ME OGGI
Solo chi sa farsi piccolo come un bambino può entrare in un rapporto nuovo con Dio che è il nostro "Papà". Mettiamo da parte le nostre resistenze, oggi, e cominciamo a dialogare in fiducia e semplicità con questo Padre, che non chiede che di farsi conoscere da noi.